L’inviolabilità assoluta del “diritto alla vita” è presupposto necessario per riconoscere, correttamente, alla persona umana tutti gli altri diritti.

La nostra concezione dei diritti umani, dipende dal concetto di “diritto alla vita”, che ci facciamo.

“La Dichiarazione Universaledei Diritti dell’Uomo”, afferma che: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. Questa affermazione, approvata nel corso della rivoluzione francese e inserita nei documenti di molti organismi nazionali e internazionali, come lo statuto dell’ONU, pur riconoscendo un carattere prioritario al diritto alla vita, lo pone, concettualmente, sullo stesso piano di valore di tutti gli altri diritti umani.

Mentre, “il diritto alla vita”, che si identifica con la persona umana ha un valore diverso, un valore assoluto, perché ogni persona che viene al mondo è titolare esclusiva di questo diritto sacro e inviolabile, inoltre, è il diritto alla vita umana che chiama alla vita tutti gli altri diritti, la cui finalità è di rendere sempre più umana e preziosa la vita.

Quindi, per costruire, stabilmente, l’edificio dei diritti umani è indispensabile porre a fondamento di esso il diritto alla vita, su cui edificare tutti gli altri diritti.

Mentre, l’attuale concezione, ponendo tutti i diritti umani su uno stesso piano di valore, crea una sorta di generalizzazione, che ne oscura la luminosità e impedisce di cogliere il suo valore reale e ideale.  

Ecco perché, nonostante le tante dichiarazioni autorevoli e l’incessante impegno dei grandi movimenti pacifisti, i diritti umani, soprattutto quello alla vita, continuano ad essere, troppo spesso, negati, violati, equivocati, infatti, non sono pochi quelli che  considerandosi in prima linea nella difesa dei diritti umani, favoriscono la pena di morte, che uccide il diritto alla vita e, con esso, tutti gli altri diritti umani.

Perfino la Chiesa, che ha come compito fondamentale formare le coscienze al rispetto integrale dei diritti umani (Mt 25,31-46) e, in modo particolare, a quello alla vita ( Es 20,13; Mt 19,18), considera, ancora oggi, in linea di principio, moralmente ammissibile la pena di morte : “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non escludeil ricorso alla pena di morte (Cat. n° 2267).  

Da ciò si evince, chiaramente, che la violazione dei diritti umani non è solo un problema di natura laica, come molti pensano, ma anche religiosa e, tuttavia, la stragrande maggioranza dei fedeli, e non solo, è profondamente convinta che la Chiesa è, in linea di principio, contraria alla pena di morte.

Perciò, una opposizione culturale e morale alla pena capitale, non può, assolutamente, prescindere da questo dato di fatto.

Dall’ intimo rapporto, che intercorre fra il diritto alla vita e tutti gli altri diritti umani, che sono ad esso ordinati, non è, né ragionevolmente possibile, né moralmente accettabile, una concezione vera e giusta dei diritti umani, che possa scaturire da un concetto falso e ingiusto del diritto alla vita.          

 

 

 

Dunque, è necessario mettere in campo iniziative atte a diffondere una concezione dei diritti umani co-ordinati all’inviolabilità assoluta del diritto alla vita : le omissioni, le contraddizioni e le violazioni dei diritti umani, non sono fine a se stesse, ma volte a colpire il diritto alla vita, e quindi, la persona umana.

Una delle iniziative da praticare potrebbe essere, ad esempio, quella di sollecitare la base cittadina delle città che condividono il concetto di inviolabilità assoluta del diritto alla vita, a promuovere una petizione e indirizzarla sia al Sindaco, responsabile laico della città, che al Papa, responsabile religioso di tutte le comunità ecclesiali.

Una raccolta di firme per chiedere al primo Cittadino di proclamare la città : “Città della Vita”, accrescendone, così, la dignità culturale e morale e fissare un giornata annuale per riflettere su questo tema delicato e importante.

Al Papa, invece, chiedere che la Chiesa rinunci al principio di liceità morale della pena di morte, che è contrario, non solo, al quinto Comandamento : “Non uccidere” e alla Tradizione originaria della Chiesa, ma allo spirito della Carta Costituzionale della Repubblica Italiana e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo.

Se è vero, come è vero, che dal concetto di inviolabilità assoluta del diritto alla vita dipende la vera concezione dei diritti umani e la sua corretta applicazione, non vi è dubbio che, questa nuova concezione, renderà più equa “la giustizia”, più concreta “la solidarietà” e più radicata “la pace”.

 

8/05/2011                                                                        diacono Giuseppe Cavallaro

 

 

 

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