Quando cade la stima per la vita della persona umana cade, inevitabilmente, anche il rispetto per essa.

La stragrande maggioranza delle persone è incline a compiere ogni genere di nefandezze a motivo della mancanza di “rispetto” verso se stessi e verso gli altri. Ha forse rispetto per se e per gli altri, chi approfitta della sua carica politica per appropriarsi di danaro pubblico? Chi si lega alle organizzazioni criminali? Chi inquina l’ambiente? Chi compie azioni terroristiche causando morte e distruzione? Chi abusa dei bambini? Chi per interesse corrompe o si fa corrompere? Chi viola i diritti umani fondamentali quali, il cibo, il lavoro, la casa, le cure mediche che sono ordinati alla qualità e alla durata della vita? Certamente no!                                                                                                                                                   Il “rispetto” è un valore che, non solo, orienta le coscienze delle persone alla solidarietà, alla tolleranza, alla verità,  alla deferenza per la dignità umana, alle eliminazioni delle disuguaglianze sociali, al riconoscimento dei diritti e dei doveri umani, ma le fa anche astenere dal compiere azioni malvagie: è un valore necessario per rinnovare le coscienze delle persone e orientare l’umanità alla giustizia e alla pace.                                                                                                                                                                    Dopo le guerre mondiali del Novecento, sull’onda dell’indignazione per i milioni di morti e per le atrocità commesse, nel 1948 quasi tutti gli Stati del mondo aderirono alla stesura della “Dichiarazione Universale dei Diritti umani” nell’intento di favorire uno sviluppo dell’umanesimo solidale che formasse le coscienze al ”rispetto” della vita umana.                                                        Ma dai segni dei tempi risulta chiaramente che l’umanità non ha recepito la lezione trasmessaci dalla storia del passato, infatti, non c’è area del mondo che, direttamente o indirettamente, non sia coinvolta in azioni di guerra e, nuovamente, milioni di persone soffrono e muoiono.                   Non a caso, persone autorevolissime sono giunte ad affermare che, di fatto, il mondo ha ingaggiato una terza guerra mondiale, benché non  dichiarata ufficialmente.                                                                                                                                                  Come si spiega, dunque, che nonostante le tragiche esperienze del passato e l’universale desiderio espresso dalle nazioni con la “Dichiarazione Universale dei Diritti umani” e altri documenti universali , appunto, per educare l’umanità al “Rispetto” della dignità delle persone, oggi, nuovamente: “E’ in pericolo, di fatto, il futuro del mondo, a meno che, non vengano suscitati uomini saggi” (Gaudium et spes 15 d)? Lo si spiega evidenziando la ragione primordiale che genera la mancanza di “Rispetto” verso se stessi e verso gli altri, ossia, l’attuale concezione precristiana che attribuisce alla vita umana un valore relativo o soggettivo, cioè un valore a seconda del punto di vista di chi lo valuta, ma che i  potenti, i violenti, gli egoisti e tutti gli irrispettosi della dignità umana impongono, attraverso l’esercizio della politica, dell’economia, delle leggi e di tutte le altre realtà umane, pervenendo così all’attuale status quo.                                                                                                                                                                   Il “Rispetto” è in funzione della stima, cioè, del valore che si riconosce alla vita umana: se cresce il valore che si attribuisce alla vita, cresce anche il “Rispetto” per essa, per contro , se decresce il valore che si attribuisce alla vita, decresce anche il “Rispetto” per essa, appunto come avviene con l’attuale concezione precristiana, che accordando alla vita umana un valore relativo, considera di fatto, la persona umana meno importante del profitto economico e il potere umano regolatore della giustizia distributiva. La storia di tutti i tempi dimostra che l’attuale concezione della vita umana di valore relativo o soggettivo, non solo non ha contribuito a formare l’umanità al “Rispetto” della vita umana e , quindi, alla giustizia e alla pace ma, per sua natura, è fomentatrice di discriminazioni e disuguaglianze sociali, infatti, “La metà della popolazione più povera, circa 3,5 miliardi di persone ha un reddito annuale pari a quello degli 85 uomini più ricchi del pianeta” (Ultimo Rapporto Oxfam).                                                                                                                                           Cosa fare, dunque, per rendere il mondo più umano, vivibile e sicuro dal momento che nemmeno lo straziante ricordo delle recenti tragedie e conflitti universali hanno potuto correggere questa sua condotta irresponsabile e temeraria? Mettere al primo posto la formazione delle coscienze umane per il “rispetto” della dignità della persona, tenendo ,però, presente che esso è  consequenziale al “Valore” che si attribuisce alla vita umana. Perciò, per accrescere la deferenza al “Rispetto” è indispensabile , prima di tutto, valorizzare la vita umana, come? Sostituendo l’attuale concezione precristiana della vita di valore relativo, soggettivo e arbitrario con la concezione cristiana di valore assoluto, oggettivo e universale che riconosce alla dignità della persona “Rispetto” incondizionato. Il passaggio, dall’attuale concezione precristiana alla concezione cristiana è fondamentale per il rinnovamento dell’umanità, lo si può paragonare ad una sorta di rivoluzione copernicana di tipo morale, culturale e sociale che cambia completamente la prospettiva da cui osserva, stima e rispetta la persona umana  il potere politico, economico, giudiziario, religioso ecc. che, allo status quo, subordina la persona umana al profitto economico e a tutte le altre realtà sociali, mentre la concezione cristiana insegna che: “La legge è stata fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge” (Mc 2,27 ), cioè, non la persona umana deve essere assoggettato al profitto economico e tutte le altre realtà sociali, ma il profitto economico e tutte le realtà sociali alla persona umana perché “Principio, soggetto e fine di tutte le Istituzioni sociali è e deve essere la persona umana” (Gaudium et spes 25°). E questo per una validissima ragione storica- morale che deve diventare culturale e sociale: Dio “ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,5), il quale assumendo nel seno della Vergine Maria, la nostra natura umana l’ha resa partecipe della sua natura divina, per cui, il “rispetto” alla persona umana, coincide con il “rispetto” alla Persona di Dio: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più bisognosi, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).                                                                                                                                 Da ciò si comprende chiaramente che è compito della Chiesa educare l’umanità al “Rispetto” della persona umana. Compito che essa ha già esercitato in passato dalla sua istituzione fino al quarto secolo, infatti, la Chiesa originaria aborriva la pena di morte e riconosceva alla vita umana valore assoluto e rispetto incondizionato. Poi, lasciatasi, erroneamente condizionare dal mondo (Rm 12,2) ha condiviso con esso la pena di morte (Nuovo Catechismo art. n° 2267) e ha riportato il valore della vita umana dall’era cristiana a precristiana determinando, di fatto, il declassamento morale del valore della vita umana da assoluto a relativo e, di conseguenza, il declassamento del “rispetto” per la dignità della persona umana da incondizionato a condizionato essendo il quale in funzione del valore della vita, in pratica, con la sua adesione alla pena di morte la Chiesa ha interrotto il cammino di rinnovamento evangelico che avrebbe dovuto fondare il vero umanesimo cristiano che considera giustamente la persona umana “Principio, soggetto e fine di tutte le Istituzioni sociali”. Perciò, dal momento che essa riconosce che “E’ in pericolo, di fatto, il futuro del mondo”, e precisa, “a meno che, non vengano suscitati uomini saggi”  (Gaudium et spes 15 d) gli corre l’obbligo di ricreare le condizioni affinché la virtù della saggezza, che consiste nel seguire la retta coscienza nella condotta della vita, venga suscitata in tutte le coscienze umane e, in particolar modo, in quelle dei responsabili pubblici, dai quali dipende “di fatto il futuro del mondo”. Pertanto, essa deve uscire dall’ambiguità, ritornare alla dottrina originaria e difendere in modo assoluto, non solo la vita umana innocente, come d’altronde ha sempre fatto il mondo, ma anche quella colpevole perché agli Apostoli, cioè alla Chiesa nascente, Gesù ha espressamente vietato lo sradicamento umano dell’ erba cattiva (Mt 13,27-30), cioè, l’uccisione legale della persona colpevole. Essa deve riprendere ad insegnare al mondo la concezione morale della vita umana di valore assoluto perché la stima assoluta per la vita umana è il presupposto necessario per determinare il “rispetto” per la dignità della persona umana, di cui il mondo ne ha disperato bisogno. E’ questo il solo modo per formare una umanità solidale perché, come attesta da sempre la storia umana, il mondo è incapace di realizzare da solo una vera giustizia sociale, di disinquinare il pianeta, di rispettare i diritti umani fondamentali, perciò la Chiesa deve ricreare, e al più presto possibile, le condizioni morali che determinano nella persona umana il rispetto per se e per gli altri, poiché, dove non c’è rispetto c’è disprezzo e l’incombente pericolo per la vita umana e per l’intera umanità.

8 Maggio 2016                                                                                               diac. Giuseppe Cavallaro

                                                                                                                           

 

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